lunedì 27 dicembre 2010
venerdì 24 dicembre 2010
martedì 7 dicembre 2010
giovedì 2 dicembre 2010
venerdì 26 novembre 2010
venerdì 19 novembre 2010
domenica 14 novembre 2010
martedì 9 novembre 2010
domenica 31 ottobre 2010
domenica 24 ottobre 2010
venerdì 15 ottobre 2010
giovedì 14 ottobre 2010
lunedì 4 ottobre 2010
nata l'ottottobre
Tra pochi giorni compio 27 anni e uno dei primi effetti è l’esclusione dalla categoria “studenti” prevista dalla mia banca, infatti, secondo l’Unicredit, col compimento del ventisettesimo anno d’età si deve pagare (3,50 al mese, se qcn conosce una banca più economica mi faccia sapere).
È una triste notizia e non so se sia questa o il reale avvicinamento dell’anniversario che mi fa pensare ai grandi traguardi che pensavo avrei raggiunto (aggiungerei un facilmente, sicuramente dettato dall’ingenuità giovanile) tra l’altro molto prima dei 27 … già li pensavo per un 25, 26 massimo. Eccomi qui invece, formalmente nella stessa identica condizione dei 18: ancora studente (checché ne dica la banca), ancora dai miei e con un reddito ancor più precario rispetto a situazioni passate.
Bene, direte voi, o dirà il mio piccolo elfo del cervello, però hai fatto molte cose. Si è vero, ho fatto molte cose, principalmente ho vissuto, sfruttando sicuramente non tutto quello che c’era da sfruttare, ma comunque una buona parte: ho amato, viaggiato, sofferto, sono stata anche felice ogni tanto, ho cazzeggiato un bel po’, ho lavorato, ho studiato, ho scoperto nuove passioni e ne ho abbandonate altre, come con le persone d’altronde.Quindi, nonostante la situazione formale non abbia subito grandi cambiamenti, la situazione reale è ben diversa: sono piena zeppa di esperienza pare!
Un momento di riflessione è d’obbligo: tutta questa suddetta esperienza a che mi serve? Mi conosco meglio? Forse, o forse ho solo imparato a improvvisare meglio e con una faccia più sicura; so quello che voglio? Oddio, sapere è una parola grossa, diciamo piuttosto che ho molti progetti (di cui, tra l’altro, la maggior parte si escludono tra loro); vedo una fine al tunnel? Decisamente no.
E il tutto mi porta ad ora, ad oggi, alla settimana del mio ventisettesimo compleanno. Per motivi che non sto qua a spiegare non mi piace molto il mio compleanno … poi quest’anno l’entusiasmo è proprio sotto le scarpe. Devo ammettere che ho anche preceduto un po’ i tempi: il mio regalo me lo sono già comprato, dovevo sfruttare l’occasione e l’ho anche già aperto, invece di aspettare venerdì; dopo un anno di sostentamento in Argentina ho detto ai miei che non volevo il regalo, comunque un regalo l’ho avuto lo stesso e anche quello è già lì che mi aspetta, però per motivi strutturali, quello devo ancora aprirlo (ma so cos'è e l'ho già visto). Di conseguenza è già tutto fatto e finito, la data perde la sua intrinseca importanza dovuta alla consegna dei pacchettini incartati, dei quali strappo violentemente l’involucro provando un sottile piacere pensando a coloro che invece aprono delicatamente lo scotch e piegano perbene la carta al fine di un suo ipotetico riutilizzo.
Devo ammettere che un regalo in particolare mi sarebbe piaciuto riceverlo … però la distanza la fa da padrona e quindi …
È una triste notizia e non so se sia questa o il reale avvicinamento dell’anniversario che mi fa pensare ai grandi traguardi che pensavo avrei raggiunto (aggiungerei un facilmente, sicuramente dettato dall’ingenuità giovanile) tra l’altro molto prima dei 27 … già li pensavo per un 25, 26 massimo. Eccomi qui invece, formalmente nella stessa identica condizione dei 18: ancora studente (checché ne dica la banca), ancora dai miei e con un reddito ancor più precario rispetto a situazioni passate.
Bene, direte voi, o dirà il mio piccolo elfo del cervello, però hai fatto molte cose. Si è vero, ho fatto molte cose, principalmente ho vissuto, sfruttando sicuramente non tutto quello che c’era da sfruttare, ma comunque una buona parte: ho amato, viaggiato, sofferto, sono stata anche felice ogni tanto, ho cazzeggiato un bel po’, ho lavorato, ho studiato, ho scoperto nuove passioni e ne ho abbandonate altre, come con le persone d’altronde.Quindi, nonostante la situazione formale non abbia subito grandi cambiamenti, la situazione reale è ben diversa: sono piena zeppa di esperienza pare!
Un momento di riflessione è d’obbligo: tutta questa suddetta esperienza a che mi serve? Mi conosco meglio? Forse, o forse ho solo imparato a improvvisare meglio e con una faccia più sicura; so quello che voglio? Oddio, sapere è una parola grossa, diciamo piuttosto che ho molti progetti (di cui, tra l’altro, la maggior parte si escludono tra loro); vedo una fine al tunnel? Decisamente no.
E il tutto mi porta ad ora, ad oggi, alla settimana del mio ventisettesimo compleanno. Per motivi che non sto qua a spiegare non mi piace molto il mio compleanno … poi quest’anno l’entusiasmo è proprio sotto le scarpe. Devo ammettere che ho anche preceduto un po’ i tempi: il mio regalo me lo sono già comprato, dovevo sfruttare l’occasione e l’ho anche già aperto, invece di aspettare venerdì; dopo un anno di sostentamento in Argentina ho detto ai miei che non volevo il regalo, comunque un regalo l’ho avuto lo stesso e anche quello è già lì che mi aspetta, però per motivi strutturali, quello devo ancora aprirlo (ma so cos'è e l'ho già visto). Di conseguenza è già tutto fatto e finito, la data perde la sua intrinseca importanza dovuta alla consegna dei pacchettini incartati, dei quali strappo violentemente l’involucro provando un sottile piacere pensando a coloro che invece aprono delicatamente lo scotch e piegano perbene la carta al fine di un suo ipotetico riutilizzo.
Devo ammettere che un regalo in particolare mi sarebbe piaciuto riceverlo … però la distanza la fa da padrona e quindi …
puppa
(o ciccia nel più tradizionale trentino)
(o ciccia nel più tradizionale trentino)
martedì 28 settembre 2010
domenica 26 settembre 2010
Gaudenti in piazza Dante
giovedì 23 settembre 2010
domenica 19 settembre 2010
domenica 29 agosto 2010
Buenos Aires profuma a garrapiñadas
Oggi è domenica, una delle tante che già ho trascorso qui, solo che oggi, questa domenica, è una delle ultime.
Il sole splende, la primavera si sta affacciando ad una delle tante finestre del barrio, finestre dai vetri rotti che fanno assomigliare questi edifici scrostati a vecchi stanchi e sdentati, finestre che ti fanno affacciare, in un gioco al rovescio, a case occupate, con perenni panni stesi su fili plastificati che probabilmente, molto tempo fa, avevano un colore.
Passeggio per Defensa, gettando sguardi attenti al cogliere una piccola chicca, una di quelle che trovi solo ai mercati, una di quelle che qua abbondano. Il vento fresco mi ricorda che siamo ancora in inverno, mi sveglia accarezzandomi il viso, passando attraverso i fori del maglione tessuto largo. Assaporo la sensazione e cammino lentamente tra le mie bancarelle preferite, la conosco a memoria ormai Defensa, gli abituali appaiono e scompaiono a seconda dei vari impegni ma sempre ritornano, prima o poi. Oggi è riapparsa la ragazza degli addobbi fatti di cartone, saluto, compro e seguo.
Scorrono le quadras -gli isolati- e con esse scorrono le voci confuse tra dettagli di conversazione prese al volo e venditori che invitano, con ampi gesti del braccio, a valutare il prodotto, intanto canasti di empanadas e milanesas -todo casero- passano tra la gente, la musica cambia ogni 20 metri: un vecchio canta, un paio suonano la chitarra, passa una murga ... ballerini di tango, giovani e meno giovani, vestiti di tutto punto si esibiscono tra la folla pigra e disattenta che si sposta, si raduna, fluisce e si ferma senza preavviso.
Mi fermo anch'io, un uomo con una marionetta vecchio stile, una di quelle con i fili, attira la mia attenzione, ci sono bolle di sapone nell'aria, è un altro uomo, all'angolo, farà le bolle tutto il pomeriggio.
Accelero il passo per tornare al sole della piazza che si apre piena e strabordante di chincaglierie, Buenos Aires profuma a garrapiñadas, un tango vola nell'aria: è un'orchestra (con tanto di pianoforte). Il cantante intona pomposo, con voce profonda di maschio rude e sofferente, il tango è un eterno soffrimento per amore, canta il dolore della vita. In seconda fila tre bandoneones, la fisarmonica senza tasti, la musica sembra un vecchio vinile gracchiante, sale la passione scandita dalla voce ora vibrante accompagnata da contrabbasso e viola che preannunciano il gran finale dolorante della canzone, applausi.
Seduta all'ombra penso che ora ho un po' di freddo, il sole del marciapiede di fronte è invitante, aspetto che inizino un'altra canzone per alzarmi, no sembra che facciano una pausa, la vorrei anch'io una pausa per rimanere sospesa tra clacson, musica, voci e bancarelle, però il violino annuncia l'inizio di un nuovo sussurro sofferente che presto si trasformarà in una storia d'amore quasi sicuramente difficile e travagliata.
Non erano in pausa, e purtroppo non lo sono neanch'io.
Il sole splende, la primavera si sta affacciando ad una delle tante finestre del barrio, finestre dai vetri rotti che fanno assomigliare questi edifici scrostati a vecchi stanchi e sdentati, finestre che ti fanno affacciare, in un gioco al rovescio, a case occupate, con perenni panni stesi su fili plastificati che probabilmente, molto tempo fa, avevano un colore.
Passeggio per Defensa, gettando sguardi attenti al cogliere una piccola chicca, una di quelle che trovi solo ai mercati, una di quelle che qua abbondano. Il vento fresco mi ricorda che siamo ancora in inverno, mi sveglia accarezzandomi il viso, passando attraverso i fori del maglione tessuto largo. Assaporo la sensazione e cammino lentamente tra le mie bancarelle preferite, la conosco a memoria ormai Defensa, gli abituali appaiono e scompaiono a seconda dei vari impegni ma sempre ritornano, prima o poi. Oggi è riapparsa la ragazza degli addobbi fatti di cartone, saluto, compro e seguo.
Scorrono le quadras -gli isolati- e con esse scorrono le voci confuse tra dettagli di conversazione prese al volo e venditori che invitano, con ampi gesti del braccio, a valutare il prodotto, intanto canasti di empanadas e milanesas -todo casero- passano tra la gente, la musica cambia ogni 20 metri: un vecchio canta, un paio suonano la chitarra, passa una murga ... ballerini di tango, giovani e meno giovani, vestiti di tutto punto si esibiscono tra la folla pigra e disattenta che si sposta, si raduna, fluisce e si ferma senza preavviso.
Mi fermo anch'io, un uomo con una marionetta vecchio stile, una di quelle con i fili, attira la mia attenzione, ci sono bolle di sapone nell'aria, è un altro uomo, all'angolo, farà le bolle tutto il pomeriggio.
Accelero il passo per tornare al sole della piazza che si apre piena e strabordante di chincaglierie, Buenos Aires profuma a garrapiñadas, un tango vola nell'aria: è un'orchestra (con tanto di pianoforte). Il cantante intona pomposo, con voce profonda di maschio rude e sofferente, il tango è un eterno soffrimento per amore, canta il dolore della vita. In seconda fila tre bandoneones, la fisarmonica senza tasti, la musica sembra un vecchio vinile gracchiante, sale la passione scandita dalla voce ora vibrante accompagnata da contrabbasso e viola che preannunciano il gran finale dolorante della canzone, applausi.
Seduta all'ombra penso che ora ho un po' di freddo, il sole del marciapiede di fronte è invitante, aspetto che inizino un'altra canzone per alzarmi, no sembra che facciano una pausa, la vorrei anch'io una pausa per rimanere sospesa tra clacson, musica, voci e bancarelle, però il violino annuncia l'inizio di un nuovo sussurro sofferente che presto si trasformarà in una storia d'amore quasi sicuramente difficile e travagliata.
Non erano in pausa, e purtroppo non lo sono neanch'io.
Argentina->Chile->Argentina
sabato 28 agosto 2010
Paesi in cui ho messo piede
venerdì 13 agosto 2010
in bordeaux (bordò)
venerdì 6 agosto 2010
Gauchos!
domenica 1 agosto 2010
venerdì 30 luglio 2010
giovedì 29 luglio 2010
Iscriviti a:
Post (Atom)